Come Funziona la Maternità? Ecco la Normativa dell’INPS per dipendenti e autonome

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Maternità Facoltativa

La normativa sulla maternità è contenuta nel T.U. n. 151 del 2001 che disciplina i diritti riconosciuti dalla legge alla madre e al padre quando nasce un bambino, ha subito importanti modifiche con il d. lgs. n. 80 del 2015 attuativo del Jobs Act, e va letta insieme alle numerose circolari frequentemente emanate dall’Inps, per regolamentare gli aspetti tecnici della materia.

In questo articolo troverete una panoramica dettagliata della maternità obbligatoria riconosciuta a:

  • lavoratrici dipendenti del settore privato, (in alcuni casi anche se disoccupate o in cassa integrazione)
  • lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps
  • lavoratrici autonome.

Altri istituti come l’allattamento, il congedo parentale e il bonus bebè verranno trattati in separata sede.

Non ci resta che iniziare!

Che cos’è la maternità

Iniziamo facendo chiarezza sulla definizione di maternità, distinguendo quella obbligatoria da quella facoltativa.

Il congedo di maternità, come viene chiamato dalla legge, o maternità i termini sono sinonimi, è il periodo di astensione obbligatoria retribuita, che inizia in gravidanza e prosegue nel post partum, riconosciuto alla donna che lavora per prendersi cura del bambino.

La maternità è obbligatoria per le lavoratrici subordinate del settore privato. Dal 2007 l’obbligatorietà sussiste anche per le lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps, mentre è venuta meno per le lavoratrici autonome, che possono lavorare senza perdere il diritto all’indennità.

L’istituto della maternità obbligatoria non va confuso con la maternità facoltativa, che corrisponde ad un periodo totale di 6 mesi di cui si può godere nei primi sei anni di vita del bambino, retribuito al 30% dello stipendio. La maternità facoltativà viene chiamata tecnicamente congedo parentale, perchè può essere goduto in egual modo dalla madre e dal padre che lavorano, per prendersi cura del bambino.

Il diritto alla maternità obbligatoria è riconosciuto nei casi di:

  • nascita
  • adozione anche internazionale
  • affidamento

In presenza di gravi condizioni previste dalla legge, in cui la madre non può godere del diritto alla maternità, viene riconosciuto l’equivalente diritto di paternità al padre.

Categorie di lavoratrici subordinate ammesse alla maternità obbligatoria

Chiarito che cos’è la maternità obbligatoria, vediamo quali categorie di lavoratrici dipendenti ne hanno diritto.

  • Lavoratrici assicurate all’Inps (tra cui lavoratrici dello spettacolo che versano i contributi all’ENPALS per la pensione ma sono tutelate dall’Inps per la maternità).
  • Operaie, impiegate, dirigenti, apprendiste: che hanno un rapporto di lavoro in corso all’inizio del congedo di maternità.
  • Lavoratrici agricole: a tempo indeterminato o a tempo determinato che nell’anno in cui iniziano il congedo, siano iscritte negli elenchi nominativi per almeno 51 giornate di lavoro.
  • Colf e badanti: che nei 24 mesi precedenti il congedo di maternità abbiano almeno 52 contributi settimanali, anche in settori diversi da quello del lavoro domestico, o che possiedano 26 contributi settimanali nei 12 mesi antecedenti l’inizio del congedo.
  • Lavoratrici a domicilio: per le quali il diritto parte dal giorno in cui riconsegnano la merce al datore di lavoro, anche se non hanno ultimato il lavoro.
  • Lavoratrici che svolgono attività socialmente utili o di pubblica utilità (LSU o APU).

Le categorie esaminate hanno diritto alla maternità in presenza dei seguenti presupposti:

  • gravidanza accertata
  • rapporto di lavoro subordinato con diritto di retribuzione

Le lavoratrici dipendenti disoccupate o sospese, hanno diritto al congedo di maternità purchè sussista una delle seguenti condizioni:

  • Il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro.
  • Il congedo sia iniziato oltre i 60 giorni, ma sussiste il diritto di indennità di disoccupazione, di mobilità o di cassa integrazione.
  • Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori per cui non è previsto il contributo di disoccupazione, si ha diritto alla maternità purchè il congedo inizi entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro, e siano stati versati 26 contributi settimali nei due anni precedenti l’inizio del congedo.

Per le lavoratrici dipendenti delle pubbliche amministrazioni, si applicano le norme specifiche dell’amministrazione di appartenenza.

Quanto si percepisce in maternità

Durante l’assenza dal lavoro le mamme lavoratrici subordinate ricevono un’indennità pari all’80% dello stipendio, calcolata avendo come riferimento quanto percepito il mese precedente quello in cui inizia il congedo.  Alcuni contratti prevedono la corresponsione del 100% dello stipendio.

Il periodo di congedo di maternità viene a tutti gli effetti contato ai fini dell’anzianità di servizio, per la maturazione delle ferie, di scatti d’anzianetà, mensilità aggiuntive e per il calcolo della pensione.

Divieto di licenziamento

Il diritto alla maternità è strettamente collegato alla normativa che tutetala donna in gravidanza, vietando al datore di lavoro di licenziarla.

E’ importante che sappiate che la legge vi tutela riconoscendo il divieto di licenziamento. Esso sorge all’inizio della gravidanza (anche se il datore non ne è a conoscenza) e prosegue fino al compimento di un anno di età del bambino.

Esistono delle eccezioni, in cui il divieto non opera:

  • Scadenza del termine nel contratto a tempo determinato
  • Cessazione dell’attività d’impresa
  • Esisto negativo della prova
  • Colpa grave della lavoratrice che costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto

Dimissioni

Il d. lgs. n. 80/2015 ha stabilito che se le dimissioni vengono rassegnate dalla donna lavoratrice nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, si ha diritto all’indennità ordinaria prevista dalla legge per il caso di licenziamento. Sono esclusi obblighi di preavviso.

 La durata della maternità

La durata complessiva del periodo di maternità è di 5 mesi, di solito ripartiti tra gravidanza e post parto, nel modo che vi descriviamo di seguito.

In gravidanza:

  • è possibile andare in maternità, 2 mesi prima della data presunta del parto.
  • Se il ginecologo riconosce una gravidanza a rischio si beneficia della maternità anticipata Inps per tutta la gravidanza.
  • Discorso analogo alla gravidanza a rischio, vale nel caso in cui si svolgano mansioni incompatibili con la gestazione.

Dopo il parto:

  • Si ha diritto ai 3 mesi successivi al parto, se si partorisce dopo la data presunta sono compresi anche i giorni che vanno dalla data presunta del parto al giorno effettivo in cui nasce il bambino.
  • Se si partorisce prima della data presunta, si ha diritto ai 3 mesi successivi alla nascita del bambino e ai giorni non goduti, che vanno dal giorno del parto alla data presunta anche se si superasse il limite complessivo dei cinque mesi.

Per legge esiste un certe limite di flessibilità che permette di lavorare fino alla fine dell’ottavo mese di gravidanza (35 settimane + 0 giorni) beneficiando dopo il parto di 4 mesi di maternità invece che 3. E’ necessario che il medico attesti la compatibilità del vostro stato di salute con il lavoro.

La durata del congedo resta di 5 mesi complessivi, anche nel caso di parto gemellare.

La sospensione del congedo di maternità

Nel caso di ricovero del bambino in ospedale pubblico o privato, la mamma può chiedere la sospensione del congedo di maternità e ritornare a fruirne alla data di dimissione.

La sospensione può essere chiesta solo una volta per ciascun figlio. La donna deve presentare un’attestazione della compatibilità del suo stato di salute con la possibilità di lavorare.

Il diritto è riconosciuto nel caso di:

  • lavoratrici dipendenti
  • adozione e affidamento
  • lavoratrici iscritte a gestione separata Inps
  • lavoratrici autonome
  • padre che usufruisce del diritto di paternità.

Maternità per le lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps e per le lavoratrici autonome

Abbiamo anticipato che la maternità riguarda non solo le donne che hanno un datore di lavoro privato, ma anche quelle iscritte a Gestione Separata Inps e lavoratrici autonome.

Iniziamo ad analizzare la normativa sottolineando la principale differenza tra le due categorie.

  • Mentre per le lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps (es. lavoratrici che hanno un contratto Co. Co. Pro., venditrici porta a porta e professioniste senza cassa) la maternità è obbligatoria, quindi se si lavora si perde l’indennità.
  • Per le lavoratrici autonome( artigiane, commercianti, coltivatrici dirette, imprenditrici agricole etc.) non è così, possono continuare a lavorare senza perdere l’indennità maternità.

Le due categorie differiscono anche sul fronte requisiti.

  • Con il d. lgs. 80/2015 è stata introdotta la norma che prevede per le lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps, che possono godere del diritto di maternità a condizione che nei dodici mesi precedenti l’inizio del congedo, abbiano versato almeno 3 mesi di contributi.
  • Per le lavoratrici autonome è chiesto che siano in regola con il versamento dei contributi anche per tutto il periodo di maternità.

La normativa sulla durata del congedo è la stessa analizzata per le lavoratrici dipendenti. Sono riconosciuti due mesi prima del parto e 3 mesi nel post partum, con possibilità di lavorare fino all’ottavo mese e di beneficiare del congedo per 4 mesi dopo il parto.

L’indennità è pari all’80% del reddito o della retribuzione.

Aborto e interruzione di gravidanza

Nel caso di interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione, o di morte del neonato alla nascita o durante il congedo, la mamma ha comunque diritto alla maternità salvo non decida di tornare al lavorare. In quest’ultima ipotesi bisogna dare un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro, ed avere un’attestazione di idoneità del proprio stato di salute.

L’assenza dal lavoro per aborto nei primi 180 giorni di gravidanza, è considerata malattia anche ai fini retributivi.

La normativa esaminata trova applicazione anche per le lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps.

Per le lavoratrici autonome nel caso di interruzione della gravidanza dopo il terzo mese, si ha diritto solo ad un’indennità per un periodo di 30 giorni.

Chi paga la maternità

Il pagamento viene anticipato dal datore di lavoro che poi lo recupera dall’Inps. La maternità è pagata direttamente l’Istituto previdenziale, per le seguenti categorie:

  • Colf badanti
  • Lavoratrici stagionali
  • Lavoratrici agricole (salvo il caso di lavoro a tempo indeterminato in cui la maternità viene anticipata dal datore di lavoro)
  • Lavoratrici sospese o disoccupate
  • Lavoratrici in cassa integrazione con pagamento diretto da parte dell’Inps
  • Lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine
  • Lavoratici socialmente utili
  • Lavoratrici autonome
  • Lavoratrici iscritte a Gestione Separata Inps

Quando paga direttamente, l’Inps è anche sostituto d’imposta con le trattenute Irpef previste dalla legge.

L’indennità viene corrisposta con bonifico o accredito su conto corrente bancario o postale.

Congedo di paternità

La maternità viene riconosciuta al padre (diritto di paternità) nel caso in cui la madre non possa goderne per il verificarsi di una delle seguenti gravi condizioni:

  • Morte o grave infermità della madre
  • Abbandono del figlio da parte della madre
  • Affidamento del figlio esclusivo al padre
  • Rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità spettante nel caso di adozione o affidamento di minore.

Le condizioni elencate devono essere comprovate da idonea documentazione. Il congedo di paternità inizia dalla data in cui si verifica uno degli eventi indicati, e coincide con la maternità non goduta dalla madre lavoratrice. Se la madre non lavora termina tre mesi dopo il parto.

Il congedo di paternità spetta anche quando la madre è iscritta a Gestione Separata Inps.

Con la riforma del d. lgs. n. 80/2015 la normativa trova applicazione per le lavoratrici autonome, riconoscendo in presenza di una delle condizioni elencate, il diritto di paternità al padre lavoratore autonomo per il periodo in cui sarebbe spettato alla madre.

Inps modulistica e domanda

La domanda di maternità e quella di paternità vanno presentate all’Inps telematicamente avvalendosi di una delle seguenti modalità:

  • Sezione servizi on line del sito web dell’Inps
  • Contact center integrato da rete fissa al numero gratuito 803164, da cellulare al numero a pagamento 06164164
  • Servizi telematici dei patronati

La domanda va presentata prima che inizi il periodo di maternità e non oltre un anno dalla fine del periodo di maternità, pena la prescrizione del diritto.

Le lavoratrici autonome devono presentare la domanda dopo il parto.

Alla domanda vanno allegati tutti i documenti eventualmente necessari (es. provvedimenti di adozione o affidamento, provvedimenti di interdizione anticipata o posticipata etc.).

La nascita del figlio deve essere comunicata entro 30 giorni dal parto, con una delle modalità telematiche analizzate sopra.

Il certificato medico di gravidanza e tutti i certificati sanitari, vanno presentati in originale presso lo sportello Inps territorialmente competente, o tramite raccomandata sulla quale è consigliabile apporre:

  • il numero di protocollo
  • la dicitura “documentazione domanda di maternità/paternità – certificazione medico sanitaria” ai fini della legge sulla privacy.

Attenzione il diritto all’indennità di maternità si prescrive entro un anno, che inizia dal giorno successivo alla fine del congedo. La prescrizione viene interrotta dalla presentazione di istanze scritte, con data certa volte ad ottenere la maternità.

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